Una centrale nucleare galleggiante?

Una centrale nucleare galleggiante?

Una centrale nucleare galleggiante? Ci provano in Russia

Le conseguenze del disastro nucleare di Chernobyl sono ancora attuali e la sorveglianza sulle centrali atomiche ancora attive in tutto il mondo è molto alta. Oggi, però, si sta affacciando all’orizzonte una possibilità che potrebbe rivoluzionare il settore dell’energia nucleare, ovvero le centrali galleggianti.

Dopo il tentativo americano di molti decenni fa, quando negli anni ’60 fu installato un reattore nucleare sulla nave Sturgis (che ha funzionato per sette anni), anche la Russia ha la sua centrale nucleare galleggiante, la Akademik Lomonosov. È ancorata a Pevek, nel mare della Siberia, ed è munita di due mini-reattori atomici KLT-40S da 35 megawatt.

 

La storia

Il progetto della Akademik Lomonosov risale al 2007, quando fu posta la prima chiglia per mano della società Sevmash a Severodvinsk, ma trovò un primo ostacolo nemmeno un anno più tardi, quando la Rosatom, l’azienda pubblica che in Russia gestisce l’energia nucleare, cancellò il contratto, decidendo di trasferire il cantiere a San Pietroburgo.

Qui, avvenne una nuova posa della chiglia nel 2009, seguita dallo scafo e dai due reattori, questi ultimi installati nel 2013 per un costo totale, dopo varie interruzioni, di quasi 250 milioni di dollari. La centrale è stata completata soltanto nel 2018 e, originariamente, doveva servire per fornire energia alla base navale di Vilyuchinsk, ma per motivi strategici è stata spostata a Pevek; questo, ha comportato un aumento delle spese, che sono lievitate fino a 740 milioni di dollari, comunque sempre inferiori ai 5-10 miliardi di dollari che, in media, richiede una centrale nucleare tradizionale.

Al momento, nel progetto della Rosatom, questa centrale atomica galleggiante dovrebbe essere soltanto la prima di sei, tutte munite di piscina, palestra e bar per l’equipaggio e la sua durata dovrebbe arrivare a 38 anni, con delle pause previste ogni dodici anni per la manutenzione. Una volta accesi i reattori della Akademik Lomonosov, verranno chiusi quelli del vecchio impianto nucleare situato a Bilibino e verrà smantellata la centrale elettrica a carbone, che fino a oggi era servita per fornire energia alla regione.

 

 

L’obiettivo della centrale nucleare galleggiante

Il principale obiettivo della costruzione di queste centrali atomiche galleggianti è quello di aprire il settore alla creazione di “modelli” più economici, più facili da costruire e trasportabili in qualunque angolo del mondo, anche il più remoto. Non è, quindi, un caso che come location per la Akademik Lomonosov sia stato scelto il piccolo centro di Pevek che si affaccia sul Mar Glaciale Artico, dove si stima la presenza di una gran quantità di gas naturali e petrolio, pari a un quarto delle scorte non ancora scoperte sulla Terra.

Inoltre, questa è una zona ricca di minerali naturali, in particolare oro e rame, per cui questa piccola centrale nucleare fornirà elettricità e riscaldamento a oltre 50.000 residenti della zona e favorirà un’estrazione più veloce dei minerali. Tuttavia, il vero obiettivo della Rosatom sembra sia quello di inaugurare un nuovo settore del mercato delle centrali nucleari, garantendo la costruzione di centrali su misura, adatte a qualsivoglia esigenza, a prezzi più bassi della media e con “consegna a domicilio”.

 

La sicurezza

Naturalmente, sul piano della sicurezza non sono mancate le polemiche e molte associazioni ambientaliste hanno espresso tutte le loro perplessità per questo progetto. In particolare, dopo le tragiche esperienze di Chernobyl e Fukushima, le paure per un nuovo disastro nucleare sono cresciute, tenendo soprattutto in considerazione l’imprevedibilità del mare, proprio come successo con la Sturges degli americani, che fu danneggiata da una tempesta. Greenpeace, in particolare, ha definito la Akademik Lomonosov “Titanic nucleare” o “Chernobyl sul ghiaccio”, mentre alcuni Paesi vicini, come la Norvegia, hanno espressamente chiesto alle autorità russe di caricare il combustile nucleare soltanto dopo che la piattaforma fosse stata rimorchiata lontana dai confini nazionali.

Di contro, Vladimir Irminku, uno dei più importanti ingegneri che ha lavorato sulla Akademik Lomonosov, ha più volte rassicurato l’opinione pubblica, specificando che il sistema utilizzato nella centrale di Chernobyl era molto diverso da quello attuale e che, in caso di incidente, considerato comunque poco probabile, l’acqua ghiacciata farà da refrigeratore temporaneo e che nemmeno uno tsunami potrebbe spostare la piattaforma su cui poggia la centrale. Tuttavia, attualmente rimane la preoccupazione che, come confermato dalla Rosatom stessa, questa nuova tecnologia possa essere venduta a Paesi dove i protocolli di controllo e gli standard di sicurezza non sono così stretti ed elevati come quelli di altre nazioni.